Yes, I am a… è una serie di interviste curate da Francesco Guazzo all’interno della rubrica NUOVI SGUARDI. Il loro insieme colleziona una campionatura delle più svariate tipologie di spettatore e tenta di capire come l’identità professionale ed umana possa arrivare ad influenzare o meno lo sguardo sugli spettacoli.
Robi Renzi (Milano, 1961) è maestro in diversi materiali tra cui la ceramica.
FG: Saprebbe dirmi come la sua identità professionale e umana possa o meno arrivare ad influenzare il suo sguardo di spettatore?
Essenzialmente quello che cerco da uno spettacolo è un frame liberatorio o comunque qualcosa che esuli dalle regole, dalla formalità che ordinariamente seguo per fare anche i miei oggetti. È proprio dalle performance che vedo che cerco di desumere un input nuovo che possa in qualche modo lasciarmi andare un po’ alla deriva, ed è poi da lì che tento di costruire qualcosa di nuovo… In fondo questa è la stessa cosa che certe volte si cerca anche nella materia in sé e per sé quando si rompe, cade, o comunque genera qualcosa sua sponte.
FG: Partendo dal suo proprio contesto ed arrivando fino a qui: una frase sul potere.
Penso che il potere sia in qualche modo un “castrato” perché moltissime cose non le può fare e che sia comunque un fedifrago perché pur promettendo ciò non di meno non mantiene.
L’ombra del mercato ha inquinato grande parte del mio approccio a qualsiasi cosa.
FG: Un desiderio per BMotion 2020.
Che continui nel segno del glamour (inteso nel senso più positivo, più affascinante) e poi una stagione più lunga: magari due settimane e magari che prenda anche il posto della settimana del teatro. Che sia più internazionale, più “off”, come si diceva una volta, e forse anche un po’ meno concentrata perché davvero è un tour de force, ma questa è una cosa forse personale… concentrerei forse gli sforzi: se c’è da pagare qualcuno di valido si paghi quello e si lasci perdere lo sperpero in tanti rivoli diversi: concentrare la visione, finalizzare di più.
Francesco Guazzo
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