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Profile of an artist | Laura Moro

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14 novembre 2015 Commenti disabilitati su Laura Moro: nel segno della disobbedienza Views: 2633 In depth, Interviews

Laura Moro: nel segno della disobbedienza

Frizzante e peperina quanto fragile e trepidante. Laura Moro lega la leggerezza e l’eleganza del gesto alla forza espressiva ed eloquente della bramosia. A quel desiderio ardente, intellettuale e fisico, di lasciarsi scivolare oltre le regole. Padroneggia la tecnica e la signorilità dell'”obbedienza”, ma il corpo “nervoso” e asciutto, incapace di sosta, immette nel suo segno il guizzo e la vivacità dell’essere ribelle.
La sua è una danza pensante, trae ispirazione dalla natura, dalla storia, dalle grandi opere letterarie. Oltre al bagaglio culturale, vi si riconosce una propensione poetica, che Laura esprime anche in forma scritta: «Riconosciuti e tanto basta ad incendiare gli alberi mentre si fa freddo intorno, viene il tempo in cui mi scosto appena, da parte, a far passare la luce, a volte, però, vorrei smettere di essere ponte e trasformarmi in destinazione».

photo by Giulio Favotto- Otium

photo by Giulio Favotto- Otium

La sua, con la danza, è una storia di obbedienza e disobbedienza.
Nella “piccola patria veneta” di trent’anni fa, che privilegiava il lavoro intellettuale e concepiva il corpo solo come supporto della manovalanza agricola e industriale, scegliere la Danza come attività principale è stato di per sé un atto di disobbedienza.
«Sono sempre stata una bambina molto gracile, ho sentito la danza come una grande prova di forza, la possibilità di riprendermi questo corpo, plasmarlo e decidere cosa poteva essere e diventare.»
La logica del suo pensiero e corpo ha preso forma attraverso il linguaggio codificato della danza classica, che richiede diligenza, rigore, una fortissima dedizione, è un costruirsi lento, con metodo e quindi con obbedienza assoluta.
«Per anni ho dovuto fare la sbarra e il centro con le mani legate dietro, perché le mie braccia erano disobbedienti
C’è voluto del tempo per sgretolare questa forte educazione. Ed è nel linguaggio in continuo movimento della danza contemporanea che Laura trova poi il proprio segno.
«Una volta raggiunto un buon obbiettivo nella danza classica, e dopo aver iniziato a lavorare con delle compagnie, il desiderio di disobbedire per cercare altro è diventato sempre più forte. Quando mi sono trasferita in Olanda per proseguire i miei studi in danza contemporanea, ho scoperto la possibilità di essere nuovamente disobbediente, e che questo, in realtà, era il mio segno originale

photo by Giulio Favotto- Otium

photo by Giulio Favotto- Otium

E’ sorprendente come a volte tutto torni. Come tanti granelli seminati qui e là riescano poi a riemergere in un insieme. La voglia di sapere, il desiderio di scoprire, la determinazione a non rimanere immobili, la bramosia di evolversi, di trasformare un elemento o un segno in un altro, per il semplice principio che tutto è collegato, rinviene pienamente ne “La Volta Ossea”. L’ultimissima creazione realizzata con la preziosa collaborazione sonora di Matteo Cusinato, l’altra faccia di Art(h)emigra Satellite, associazione culturale e collettivo artistico nato a Castelfranco Veneto.
Il punto di partenza del lavoro è la figura di Zenone, medico, alchimista, filosofo, uscito dalla mente creativa di Marguerite Yourcenar nella celebre “L’opera al nero”. Un personaggio immaginario in cui riecheggiano i grandi pensatori eretici come Paracelso, Tommaso Campanella, Giordano Bruno, e il loro naturalismo.
«Sono rimasta affascinata dalla loro concezione di natura viva, di immantinenza, dall’estrema valorizzazione di qualsiasi cosa sia natura e quindi anche corpo umano. Dal loro vedere la materia sottesa da una componente unica. Dal superamento del dualismo: della superiorità della mente rispetto al corpo, che invece caratterizza la nostra cultura. Il corpo informa il nostro pensiero e viceversa , non c’è mai una distinzione netta, e per chi lavora con il corpo, come sua materia prima, questa cosa la vive quotidianamente. Molto spesso come danzatrice e coreografa ho vissuto una scissione tra il mio esterno e il mio viaggio individuale di essere umano, e questa unitarietà mi ha affascinato.»
Il passaggio alchemico dal metallo impuro all’oro altro non è che una metafora della storia dell’essere umano, dello sviluppo di un proprio pensiero, di quello che può accadere nell’intimità dell’individuo. Altro non è che un’altra forma del disobbedire.
«In questo assolo volevo vedere dove ero arrivata nel mio segno coreografico, nel mio percorso, nel mio gusto. Dopo tutti gli incontri di una vita, cosa mi piace? E’ stato un mettermi alla prova.»
Entriamo quindi, insieme a Laura, nel vivo degli stadi alchemici di questo processo danzante che è “La Volta Ossea”.

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photo by Giulio Favotto-Otium

NIGREDO | OPERA AL NERO | CAMMINARE

Nigredo è la fase più lunga, in cui la trasformazione o disobbedienza ha inzio attraverso la decomposizione. E’, qui, un processo di disfacimento totale o parziale, per arrivare nuovamente a una prima forma semplice, plasmabile. Si opera nei virtuosismi, negli accenti, nei codici accademici, e in quei piccoli cliché a cui il corpo pensante si affeziona. Materiale pesante lasciato cadere al suolo attraverso quell’azione individuale e collettiva che è il camminare. “Meditazione in movimento” lo chiama Laura.
L’andare immediato, piede e suolo, ascolto e spostamento.

«Ho preso una frase coreografica creandola di getto senza preoccuparmi di creare qualcosa di innovativo, lasciando che tutti i miei cliché entrassero a farne parte. Poi l’ho osservata, l’ho passata al microscopio. Ho iniziato ad interrogarmi e a smembrarla creando dei precipitati. I precipitati sono quei gesti che hanno a che vedere: con il mio essere una donna cresciuta in un certo contesto, con la mia idea di bellezza, sono le aspettative verso me stessa, sono come vedo il mio corpo, ecc… Ho analizzato questi elementi e li ho etichettati come fossero delle provette di un laboratorio. Nella parte centrale del lavoro lascio cadere i precipitati e mantengo solo il flusso che li lega, cioè il gesto che mi permette di passare dall’uno all’altro.»

photo by Giulio Favotto-Otium

photo by Giulio Favotto-Otium

ALBEDO | OPERA AL BIANCO | IMPROVVISARE

Il passaggio a una nuova vita è in atto. Il graduale mutamento di “colore” avviene attraverso un atto liberatorio, universale. Un muoversi dentro al corpo. Scompare il volto, la soggettività della mente, il sedimento della forma riconoscibile. E’ forse il momento di disobbedienza più forte, più ammaliante, magnètico.

«E’ uno dei momenti che mi tocca di più perchè sono completamente a nudo, anche i miei occhi non vedono nulla. E’ un rito che faccio assieme al pubblico, diverso di volta in volta. Ho sempre lavorato dividendo bene i due regni: la danza codificata e l’improvvisazione; mi piace improvvisare, e condividere questo momento assieme al pubblico. In quel momento  mi sento molto vicina a chi guarda. Una volta allenata la possibilità di trattare il proprio corpo come uno spazio, di seguire il movimento interno che tu stesso crei, nel momento in cui passi allo spostamento nello spazio c’è la sensazione bellissima di non avere più confini, di essere nel mondo con il corpo, ma al di là del corpo. Una identità profonda di gesto e di pensiero.»

phto by Giulio Favotto-Otium

phto by Giulio Favotto-Otium

RUBEDO | OPERA AL ROSSO | DEFORMITA

L’unione degli opposti. Il processo nel quale ci si avvicina al “scarlatto”, al vivo, al nuovo segno.
Ad un corpo altro. Esposto e riletto attraverso la bellezza della deformità, di un corpo claudicante, plasmabile al massimo. E’ la deformità ricca dell’insieme. Un ricongiungersi agli altri regni. Un segno altro, un nuovo inizio.

«Scopro il mostro e lo vesto d’oro. La deformità è nel giocare con le parti diverse del corpo. Nel mio astrarre. Un usare il corpo così tanto come materia che va oltre l’umano. Il corpo diventa quasi immagine simbolica. Non solo strumento. Ho cercato di mostrare il mio naturalismo, dentro quei movimenti c’erano anche il regno vegetale, animale, minerale. La deformazione è il mio oro. La scoperta altra che sovverte il mio pensiero, la mia estetica sulla danza. Legata al processo di trasformazione del corpo nel tempo, del mio stesso invecchiamento, del mio essere meno prestante fisicamente, ma allo stesso tempo di poter fare cose che non avrei mai potuto fare prima, quando ero nell’obbedienza.»

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