Appena lasciato lo Stabat Mater a Ca’ Erizzo.
Che dire? Bello? Elegante?
Sorprendente? Tutto questo. La danzatrice entra da uno spiraglio della porta principale, imprigionata in una ragnatela di dolore, e faticosamente si dirige verso un Calvario di sedie accatastate.
E’ una madre triste perchè ha perso il figlio, che però sente presente dovunque e sempre; ma ci dice che l’abbiamo perso anche noi e si fa interprete anche nostra. Quando la musica di Pergolesi si interrompe e viene sostituita da quella contemporanea, l’azione continua coerente, risucchiata da un vortice luminoso e quasi psichedelico, proiettato e mosso sul leggero tendaggio di sfondo.
Nella parte finale, in veste decisamente moderna (ottenuta solo sollevando in parte la semplice veste azzurra), questa Maria pare rivolgersi, quasi ribelle, all’Angelo annunciatore e rivivere l’angoscia di quel momento, già consapevole del suo destino. Non trova porte aperte per fuggire, ma solo una sorta di enorme, minacciosa nuvola, che si gonfia e in cui finisce per essere assorbita e scomparire. Ottima interprete e ben amalgamate danza e invenzione scenografica.
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