«Così com’era cominciata è finita: un uomo che corre solo, poi in compagnia, si arrabatta, cade, si rialza, aiuta altri, viene aiutato, strattonato, contorto, incrociato ad altre persone, e poi torna a correre solo e solo restare, rappresentando una metafora della vita. Atmosfera del tutto diversa da “Pearl”, dove il piacere estetico, l’eleganza e la raffinatezza costituivano tutto sommato la sostanza dello spettacolo. In “Free Fall” la tensione emotiva è più consistente e i contenuti più seri, e fortunatamente leggibili. Fridman chiede molto ai suoi 6 danzatori, bravissimi; li costringe a contorsioni, a sollevamenti, a cadere ed essere rialzati, restando sempre legati e in contatto fra loro, ciò che mi pare una sua caratteristica (ricordo il suo lavoro dello scorso anno), con combinazioni e complessità di movimenti, difficili e forse anche eccessive. Suggestioni iconografiche? “La zattera della Medusa”, qualche “piangente” di tomba canoviana. Un appunto? Come l’anno scorso…c’erano troppi capelli. Altri appunti di carattere diverso? Apprezzabile e importante l’inserimento nella coreografia dei giovani delle scuole di danza locali; grande iniziativa e bravo Fridman ad aver accettato questo ulteriore impegno nella costruzione del suo lavoro.»
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