Definirei il pezzo di Manuel Roque come “la Poesia del sudore”, perchè il sudore di questo piccolo, grande uomo è stato un elemento che molti hanno sottolineato e ammirato, fin nelle stille che cadevano dalle dita, durante una danza studiata in ogni muovere di muscolo.
Inutile dire che mi è piaciuto, che mi ha commosso, che sono stata colpita dalla bravura del danzatore; ma non saprei dire che cosa mi abbia trasmesso in particolare, se non un’ espressione di partecipazione alle vicende e ai dolori dell’universo mondo e alla capacità di accettarli, affrontarli e superarli, urlando silenziosamente e tornando più serenamente a placarsi.
Non ho competenze per far partecipi altri delle doti particolari di Manuel, che è evidentemente aiutato dalle sue pratiche circensi: ma non le usa per esibire virtuosismi, se ne serve per raggiungere posizioni e movimenti di forte impatto, visivo e drammatico.
La durata del lavoro forse è un tantino lunga, perchè la coreografia appariva compiuta già in precedenza; ma forse non era concluso il Requiem, che bisognava portare a termine. Era necessario il lucente elemento scenografico, forse una montagna o uno scoglio? A mio giudizio sì, non solo a segnare uno spazio, ma anche a rappresentare qualcosa di concretamente terreno, che ci ancorasse a una qualche realtà.
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