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Sivan Rubinstein_Maps_ph Masako Matsushita

30 agosto 2017 Commenti disabilitati su Interview | MAPS by Sivan Rubinstein – eng/ita Views: 2406 Audio, In depth, Interviews, Projects

Interview | MAPS by Sivan Rubinstein – eng/ita

Pivot Dance is an European Project which gathers choreographers and producers to work on creation process and audience development. MAPS is the result of one of these artistic meeting between the choreographer Sivan Rubinstein and the producer Tal Weinstein.
Using buckets of white salt on a black stage, three performers – and the Groove music of Liran Donin – reinterpret the academic researches made on migration ending up in the spiritual circle of a universal Mandala.

Listen to the English interview on the artist creative needs and on the impact an audience could have.
interview by Lara Crippa
audio editing by Rita Borga

Sivan Rubinstein_Maps_ph Lior Shlik

Sivan Rubinstein_Maps_ph Lior Shlik


Siamo qui con Sivan  Rubinstein e Tal Weinstein, presenti a #bmotiondanza2017 con la performance MAPS, parte del progetto Pivot Dance.
MAPS parla di migrazione, come si intuisce all’inizio con quel planisfero di…sabbia?
Sale!

Le informazioni sono state raccolte da uno studio universitario condotto al King’s College di Londra. Sivan, come nasce l’idea di tradurre dei dati scientifici in una performance danzata?
MAPS nasce da una collaborazione con il Dipartimento di Filosofia dell’Università King’s College. La nostra pratica riguardava più l’ispirazione che il tradurre la scienza. Ero più interessata all’approccio filosofico di vedere le mappe rispetto a quello analitico della migrazione. L’aspetto scientifico viene più dalla collaborazione con mio padre, che è cartografo, imparando a fare le mappe in scala. Quali sono le regole principali? Quale il nucleo di una mappa? E molta lettura: leggere filosofia, National Geographic, piani di migrazione. Direi ispirazione da tutto questo materiale.

Perché il sale?
Ho usato il sale quando ho cominciato ad interessarmi al Mandala, quando ho iniziato ad essere attratta da questa filosofia, da questo modo di vedere il mondo. Cercavo un materiale che fosse flessibile e senza confini. E bianco, mi piace il contrasto che crea con il nero. Il bianco ha molti significati in ogni cultura: da dove vengo significa pace, ma può anche significare morte e quindi può uccidere. Il sale è anche il suono del mare, è il materiale della terra. Ho pensato che il sale fosse una grande porta per l’interpretazione.

Hai menzionato il Mandala, un aspetto spirituale molto forte che conclude la performance. Come ci sei approdata?
Credo che fin dall’inizio volessi guardare alla filosofia, e questo mi ha portato più verso un aspetto spirituale. Sono cresciuta apprezzando le mappe, con una sensazione di regalo per quello che è il mondo, di come possiamo distruggerlo ma anche ricostruirlo.

Ti definisci una dance maker. Cosa vuol dire “fare danza”?
Le definizioni sono un problema. È anche per questo motivo che ho voluto usare il sale, per distruggere qualsiasi definizione. Essere un dance maker è semplicemente un modo per provare a non rientrare nella categoria “sono un coreografo”. Uso la danza di volta in volta per parlare di ciò che mi interessa. E questa volta erano le mappe. La danza è il mio linguaggio, ma c’è anche il suono, la regia, l’aspetto visivo, l’esperienza del pubblico. La risposta più sincera che posso dare è che definirsi un dance maker è un modo per sentirsi un po’ più a proprio agio con il poter rompere le definizioni.

Come hai citato, oggi c’è una grande attenzione al pubblico, anche nel progetto Pivot Dance di cui fate parte. Qual è il primo feedback di questa esperienza?
(Sivan) – MAPS ha avuto quattro work in progress fino ad oggi, ed ogni sharing è stato un ulteriore passo del processo creativo. Dopo ogni esibizione abbiamo raccolto un feedback dal pubblico, che fosse attraverso moduli o restando in contatto via email.
(Tal) – Siamo state molto aperte ai loro pensieri e alle loro opinioni perché vorremmo attrarre un pubblico che non facesse solo parte del mondo della danza. Si crea così un passaparola, si portano altri amici, si coinvolgono sempre più persone nel mondo dell’arte. In questo senso MAPS è molto accessibile. Per esempio prossimamente MAPS andrà in scena durante il festival delle arti e delle discipline umanistiche organizzato a Londra dal King’s College. Quello sarà uno sharing molto accademico!
(Sivan) – Inoltre cominciare un progetto con l’idea di essere aperti al pubblico ti permette di pensare diversamente. È una sfida. All’inizio hai paura, sei terrorizzata di fare entrare qualcuno in un lavoro che non è pronto, ma questo ti permette anche di creare un dialogo.
(Tal) – È diverso relazionarsi a chi non è stato circondato per tutta la vita dalla danza. E può diventare un’ispirazione molto stimolante che ci aiuta a raggiungere luoghi molto più profondi. Alla fine è entusiasmante!

di Lara Crippa

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