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8 luglio 2021 Commenti disabilitati su Agora Coaching Project, dalla formazione al mondo del lavoro. Il progetto di perfezionamento alla danza di Michele Merola Views: 1936 Dancing Kids, In depth, Interviews, News, Posts, Projects, Read

Agora Coaching Project, dalla formazione al mondo del lavoro. Il progetto di perfezionamento alla danza di Michele Merola

Fama da coreografo, vocazione da pedagogo. Michele Merola si illumina quando viene “interrogato” su Agora Coaching Project, progetto di perfezionamento per danzatori che da oltre un decennio prepara i giovani al sognato mondo della danza professionale.
Un maestro concreto, che scende in campo per trovare occasioni per i “suoi ragazzi”, per aprire porte, creare ponti sia in Italia che all’estero. Un entusiasmo lucido, calato nell’oggi, nelle insicurezze dei giovani e del mondo dell’arte.
Un’interessante conversazione sul mondo del lavoro e le sue richieste. Un’osservazione attenta sui giovani d’oggi, partendo dalle proprie esperienze. La proiezione di un progetto ambizioso che non si fa spaventare dalle pandemie.

Michele Merola-foto Luisa Lobetti Bodoni

Danzatore professionista, coreografo di successo, direttore artistico di una compagnia italiana affermata, e anche insegnate innovativo. Dove nasce la vocazione pedagogica?
Appena ho smesso di danzare ho iniziato subito ad insegnare – parallelamente alla sperimentazione coreografica. È qualcosa che mi è sempre piaciuto. Da piccolo pensavo di fare l’insegnante. Mi immaginavo insegnante di lettere o ancor più maestro elementare. Ho solo trasportato questo desiderio in danza.
Reggio Emilia dà molta importanza alla scuola dell’infanzia e alle scuole primarie, e la danza viene sempre inserita come materia. Così inizialmente ho condotto delle classi dalla 1° alla 5° elementare facendo ogni anno laboratori di danza creativa per 15 incontri con spettacolo finale. Queste esperienze mi hanno aiutato molto in quello che è stato poi il mio stile di insegnamento. Ancora oggi, quando vengo chiamato ad insegnare negli stage, non rifiuto mai la parte dei più piccoli perché la trovo sempre interessante.

Com’è nata l’idea di Agora Coaching Project, progetto biennale di perfezionamento nella danza rivolto a danzatori di età compresa fra i 16 e i 22 che che dirigi dal 2010, insieme ad Enrico Morelli?
Ho avuto la fortuna di insegnare anche in grandi strutture, come il Balletto di Toscana, e mi rendevo conto che avevo a che fare con ragazzi molto talentati, ma che c’era un gap alla fine del loro percorso nel trovare lavoro. Non solo mancava l’esperienza di palcoscenico, ma sembrava che, nonostante tutti i mezzi informatici oggi a disposizione, facessero fatica ad individuare le compagnie, la loro storia, e quindi quelle più adatte a loro e a cui rivolgersi. Così, con Enrico Morelli, è nata l’idea di far nascere un corso che facesse da ponte tra il mondo della formazione e quello che è il mondo del lavoro vero e proprio. Ed ecco Agora.

Cosa caratterizza questo biennio formativo?
Agora Coaching Project è un progetto molto differente perché si struttura come una Junior Company. Ogni giorno i ragazzi hanno sempre la loro lezione di classico, che non viene tenuta però da un docente fisso ma da maître del ballet che si alternano come avviene nelle compagnie. Poi hanno esperienza con i coreografi ospiti che toccano però tutte le voci – dalla non danza al teatro danza al balletto contemporaneo – in modo che abbiano una gamma molto ampia di quello che potrebbe essere il panorama della danza europea. Così hanno modo di trovare la loro vera strada, quello che piace, quello che è più congeniale. Tante frustrazioni spesso nascono dall’incaponirsi in strade che non sono per te, solo perché non ne conosci altre.

Agora Coaching Project_Carmina Burana-coreog. Michele Merola_foto Tiziano Ghidorsi

Come avviene l’inserimento lavorativo?
Invitiamo spesso direttori di compagnia. Ci piace dare spazio alle voci italiane che dirigono realtà all’estero, specialmente in Germania, come Giuseppe Spota – ora nostro ospite – direttore del MiR Dance Company Gelsenkirchen, o Ivan Alboresi, direttore del corpo di ballo del Theater Nordhausen. Qui, in una compagnia di 18 elementi, 6 si sono formati in anni diversi ad Agora; così come Spota, che ha appena offerto ad un ragazzo un contratto per il prossimo anno. Allo Staatstheater Augsburg, diretto da Ricardo Fernando, ci sono altri 6 nostri danzatori, e stiamo iniziando a collaborare anche con l’Ungheria ed alcuni paesi dell’est Europa. Si sta aprendo una rete molto grande e ne siamo felici, oltre al fatto che l’80% dei nostri ragazzi sta lavorando. È tutto testimoniato: nel nostro sito abbiamo la lista di tutti i ragazzi con a fianco la compagnia per cui lavorano. Alla fine siamo nati per questo, far trovare lavoro, far sì che anni di investimento e sacrifici possano essere ripagati.

E il mondo lavorativo italiano?
A Reggio Emilia c’è la fortissima realtà di Aterballetto, proprio di fronte a noi, e con cui siamo giunti a collaborare: due danzatori di Agora sono in compagnia e alcuni dei loro progetti li stanno portando avanti dei nostri danzatori. La stessa mia compagnia ora è quasi tutta formata da ex danzatori di Agora Coaching Project. Altri danzatori lavorano con Artemis Danza, la compagnia di Monica Casadei, e ci sono stati dei contatti con il Balletto di Roma, oltre ad aver creato punti di connessione con coreografi italiani come Carlo Massari, Fabrizio Favale e la stessa Simona Bertozzi. Ma lo Stato dovrebbe dare una mano almeno alle compagnie strutturate per poter assumere più danzatori e per tutto l’anno. Dare una dignità di lavoro più forte, cosa che mi sta molto a cuore in questo momento, e forse le persone non si sposterebbero sempre e comunque all’estero. Abbiamo tanti talenti in Italia che potrebbero rendere la danza sempre più grande nel nostro Paese, invece dobbiamo indirizzarli fuori. Questa non è colpa delle compagnie. Questa è colpa del sistema.

Sono cambiate in qualche modo le richieste del mercato in questi ultimi anni?
La richiesta è sicuramente cambiata perché si cerca un danzatore molto più completo da tutti i punti di vista. Piace sempre una buona formazione di tecnica classica; molto fa il partnering, quindi essere dei buoni partner, sia per l’uomo che per la donna; e tanto la velocità di apprendimento. Noi stessi, quando facciamo l’audizione, la prima cosa che guardiamo è in quanto tempo viene presa la correzione data, e in quanto tempo viene appresa la parte coreografica proposta, perché è questo che viene chiesto dal mondo del lavoro. Le compagnie oggi hanno tempi sempre più stretti e diventa fondamentale la velocità di assimilazione. Soprattutto in questi anni ci stiamo rivolgendo a delle strutture, a dei teatri, che sono consolidate e che quindi hanno, come la nostra compagnia, un repertorio ampio. La versatilità, saper spaziare dall’improvvisazione ad una parte più teatrale alla pura tecnica, è molto importante.

Il carnevale degli animali_foto di Bruno Cattani

Che influenza ha avuto l’emergenza Covid-19 in questo panorama?
L’anno scorso i ragazzi sono rimasti a casa, come tutti noi, e non c’erano opportunità di lavoro perché le compagnie erano tutte chiuse. Quest’anno invece siamo partiti con un corso di 20 persone e ad oggi ne sono rimaste 12 perché sono già tutti partiti negli ultimi due mesi con contratti di lavoro. Questa per noi è stata una vittoria incredibile. Ci siamo battuti con i denti per tenere aperto il più possibile.

Qual è la formula per resistere, nonostante tutto?
Trovare mille soluzioni, cercare supporto e collaborazioni. Ad esempio il comune di Reggio Emilia ci ha dato una mano grandissima nel riproporre gli spettacoli per le scuole. È un progetto che portavamo avanti da anni, per portare i giovanissimi a teatro. Avevamo tre nuove produzioni, tutte ballate dai ragazzi di Agora: una per le scuole materne ed elementari, una per le scuole medie ed una per le superiori. Non essendo possibile frequentare i teatri abbiamo proposto, insieme a Paolo Cantù – direttore di Fondazione I Teatri – di portare Il carnevale degli animali direttamente nelle scuole materne ed elementari. Ne sono nate dieci repliche nei giardini delle scuole dove abbiamo riallestito lo spettacolo. È stata un’esperienza ed uno scambio bellissimo per i nostri ragazzi, perché sono tornati a ballare e a fare esperienza in luoghi non convenzionali; e vedere poi il viso di questi bambini… È fantastico ora raccogliere i loro disegni e gli scritti che ci mandano! Nulla toglie che dall’anno prossimo si debba tornare a teatro perché è importante che loro conoscano questo mondo, ma è stato un modo per ricominciare, per ritrovare un dialogo con le persone.

di Lara Crippa

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